“Ero stufa di chiedermi cosa si potesse provare a vincere.
Non me ne facevo niente delle briciole, volevo il massimo, ma purtroppo il massimo non è a disposizione.
Tra me e la vittoria c’è un precipizio coperto di piante ed arbusti che non mi consente di capire quanto è profondo il burrone.
Questa è la paura: la non conoscenza di quello che c’è sotto ai piedi.
Posso cadere di sotto o camminare senza problemi per attraversare le sterpaglie e gli arbusti che ricoprono quello che potrebbe essere un precipizio.
La cosa bella è che lo saprò solo una volta che ho fatto il primo passo.
Se mi faccio immobilizzare dalla paura resto aldiquà della vita, ferma, inerme e con l’eterno dubbio che dall’altro lato ci sia qualcosa di buono.
Il dubbio e la paura sono amici stretti, compagni di giochi.
E pensare che studio neuroscienze e conosco in dettaglio quella parte del cervello, l’amigdala, che gestisce le emozioni ed in particolar modo la paura. Puoi conoscere tutti i funzionamenti degli impulsi neurologici, ma quando hai paura non c’è nulla da fare.
La senti arrivare come una mano invisibile che ti accarezza pian piano dalla nuca. Non c’è soluzione.
O forse si: l’amigdalectomia, l’esportazione dell’amigdala.
In questo modo non si sente più paura, non si sente più alcuna emozione, non si sente più niente”.